Combrai: i due côtés della famiglia del Narratore


Combray: i due côtés della famiglia del Narratore

 

Stimolata da un fugace cenno di Alberto Beretta Anguissola nel suo testo su Proust et les boucs émissaires: de Saniette à Dreyfus (vedi archivio del forum), cenno che riguarda l'attegiamento della prozia nei confronti della nonna, vorrei richiamare l'attenzione sulle prime pagine di Combray. Un Combray non ancora uscito magicamente dalla madeleine inzuppata nella tazza di té, ma in cui già si muovono personaggi che avranno continuità o sviluppi ulteriori.

In queste pagine la nonna è fatta oggetto di subdole, ma non per questo meno pungenti e dolorose, angherie da parte della prozia ("la seule personne un peu vulgaire de notre famillie…"). Una specie di inconscio sadismo spinge quest'ultima a tormentare la nonna: l'episodio più saliente è quello a proposito del cognac proibito dai medici al nonno e che la prozia con una punta di malvagità gli offre, mentre la nonna compie una delle sue consuete passeggiate serali in giardino. Non si tratta di un piccolo e ingenuo complotto tra persone anziane. Lo scopo vero della prozia è quello di richiamare la nonna ignara o dimentica a constatare la disobbedienza del marito e a soffrirne come di una fatalità che non si può stornare. ""Bathilde! viens donc empêcher ton mari de boire du cognac!"" (À la recherche du temps perdu, "Bibliothèque de la Pléiade", Gallimard, Paris, 1987, vol. I, p. 11).

L'atteggiamento della prozia verso la nonna, come testimonia ancora il passo, nasce in lei da una totale incomprensione del mondo morale della nonna, incomprensione dovuta alla meschinità e alla volgarità della prozia, ma anche — o almeno noi potremmo interpretarla in tal modo — all'inconsapevole desiderio di far del male a una persona 'diversa', in questo caso alla juive M.me Amedée.

Quale sarà la reazione del Narratore di fronte all'avvilimento della nonna da parte della prozia? Il Narratore-bambino fugge e si rifugia "tout en haut […] dans une petite pièce sentant l'iris […] Destinée à un usage plus spécial et plus vulgaire […]" (ibidem, p. 12). Fuga questa giustificabile in un bambino abituato al rispetto e all'obbedienza, mentre meno scusabile appare la quasi viltà del Narratore-adulto di fronte alle persecuzioni di Saniette alla Raspelière da parte dei Verdurin e a Parigi nella famosa scena del complotto contro Charlus. Ma il Narratore è e non è Proust, ben lo sappiamo.

Ritornando alla nonna, in che cosa consiste il suo essere 'diversa'?

La diversità della nonna sta nella sua bontà, nella sua rettitudine, nella sua umiltà, nel suo amore per l'arte e le cose belle e anche per il côté un po' selvaggio della natura. La sua rettitudine le impone una specie di codice morale di regole ed ella soffre quando queste regole non vengono rispettate. Tra lei e sua figlia intercorrono dei patti a proposito dell'educazione del bambino ed ella si sforza di attenervisi, anche contro il marito della figlia, persona ottima, ma sprovvista di quelle finezze necessarie per la vita, secondo la nonna. Da una parte dunque madre e figlia, il côté juif della famiglia, dall'altra, con sfumature diversissime, la prozia e il padre. Quest'ultimo però non ha alcuna malignità e la sua rigidezza è più apparente che reale, anzi egli ha slanci e moti improvvisi che non rientrano nella norma. Come quando una sera ingiunge al bambino, il cui pallore è stato messo in evidenza incautamente dal nonno, di andare a dormire immediatamente, senza il bacio carismatico della mamma e nemmeno si accorge di infrangere così i patti che intercorrono tra madre e figlio, quei patti a cui secondo la giustizia juive occorre tener fede. Eppure sarà proprio il padre, poco più tardi, a spingere la madre esitante a consolare il bambino, quando se lo vedrà dinnanzi al sommo della scala disperato e piangente e per affetto, per un'improvvisa presa di coscienza della sofferenza del figlio, indirrà la moglie a restare tutta la notte con lui, venendo meno ad altre regole di rigorosità di cui il padre non ha alcuna nozione (moglie (vedi À la recherche du temps perdu, cit., vol. I, pp. 27 e sgg.).

E il nonno? La figura del nonno certamente non è chiara, può addirittura apparire composita, come del resto attestano i brouillons (vedi l'articolo di Bernard Brun su Les juifs dans Sodome et Gomorrhe nell'archivio del forum e Journées de lecture in Pastiches et Mélanges, Paris, Gallimard, 1919, p. 226, dove compare anche un "oncle matinal et jardinier"). Ebreo, perché marito della nonna, appare nella redazione definitiva quale uomo bonario che fa lunghe passeggiate con il genero e il nipotino, ma non rifiuta, forse per debolezza o golosità senile, il cognac proibito che gli offre malignamente la prozia e che tanto addolora la moglie. Grande amico del defunto padre di Swann (côté juif), ne parla spesso e rievoca l'umanissimo episodio del dolore e dell'attimo di smemoratezza gioiosa davanti alla bellezza della natura di Swann padre, dopo la morte della moglie (vedi À la recherche du temps perdu, cit., vol. I, pp. 14-15). Curioso invece è il suo atteggiamento nei confronti del giovane amico del Narratore, l'ebreo Bloch, e di altri giovani amici ebrei. Una punta di antisemitismo? Non mi sembra. Direi piuttosto che l'ebreo che sa che canzonare l'ebraismo di altri ebrei fa uso dello humour ebraico tipico allora e più tardi. Certamente anche qui Proust gioca sul filo del rasoio e in certo modo il nonno fa da tramite tra i due gruppi della famiglia.

In quanto alle sorelle della nonna, Céline e Flora, esse vorrebbero essere raffinate, ma non sono particolarmente intelligenti. Non tutti gli ebrei sono intelligenti, sembra dirci Proust, quando le fa muovere e parlare goffamente e lambiccatamente nei loro tentativi di ringraziare Swann per l'invio della cassa di vini pregiati. Sono due anziane damigelle provinciali, chiuse e un po' sciocche e peggio si riveleranno durante la malattia mortale della loro sorella, la nonna, quando non lasceranno Combray per darle un ultimo saluto.

Possiamo dunque dire che non manca anche in queste prime pagine un dualismo intercambiabile tra il côté juif e il côté non juif della Recherche, dualismo che avrà poi altri sviluppi e che sempre più svelerà l'ampiezza e la finezza dello sguardo di Proust sul vario e doloroso spettacolo umano. Uno sguardo che tuttavia non esclude perentoriamente momenti di propensione (si pensi al culto per la madre e la nonna e all'impegno per l'Affaire) e anche di autentica (schopenhaueriana?) com-passione.